Marina Wiesendanger's
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  14/01/2006; 0.19.02


sabato 3 settembre 2005



Non mi dispiace tornare a Lecce, c'è un ristorantino piccolo dove si mangia  piu' che benissimo,
dicono il migliore e hanno ragione. E' come mangiare in casa di due zie, si chiama Le Zie,
una stanza quadrata con dieci bei tavoli con la tovaglia buona di casa.
La cucina è a vista,
su un lato del quadrato, puoi anche imparare a cucinare se ti siedi in modo da vederla.
La zia bionda, se ordini cicoria e favata, ti prende coltello e forchetta, ti mette i crostini nella
purée di fave, ti taglia la cicoria e la arrotola come spaghetti, infila il crostino entra nelle fave
e ne raccoglie un pò.
E poi ti imbocca.. e invita i pochi ospiti delle poche tavole, tutte complete sempre, a imparare.
Quasi tutti stranieri tranne qualche maggiorente locale, tutti felici che ridono, e mangiano,
siamo in un'altra dimensione, siamo tornati piccoli, e beati.

Alle pareti, quadri teneri di pittori di famiglia e poi pezzi di giornali, tutti! ELLE giapponese,
La Cucina Italiana, il New York Times.., tutti sono stati lì a farsi imboccare dalla zia bionda.
Quella bruna ti dà un vino sfuso e così nero che sembra tinto. E io metto qui il numero di telefono
per amore del prossimo.
0832 245178.
Le Zie non lo sapranno mai, ma tanto mi imboccano lo stesso, vale solo per questo piatto però,
ciceri e tria te li mangi da solo.

Ora telefono a Lina, a Porto Badisco, e prenoto spaghetti ai ricci di mare di suo fratello pescatore.
Per due, alle due.

 


 

Sono al quinto mese

 

Settembre andiamo

 

Mi hanno detto, piu’ di uno, ti dò tempo tre mesi, quattro perché c’è l’estate

e poi tutto questo ti mancherà orribilmente.

E invece sono al sud, e produco pensieri colorati.

E’ la luce che fa il sud, non la luce del sole ma quella del cielo. E’ come un’illuminazione.

Le pietre di tufo color crema sono anche

bianche e rosate, e se ci sono nuvole il bianco scintilla di piu’ perché rimane quello solo,

senza sfumature. 

Ti si accende dentro un’energia che ti pare di farne parte.

L’energia e la bellezza sono due cose che vanno insieme,

dev’essere che la bellezza ha una tale energia che non puoi fare a meno di parteciparla.

Ero lì a Trani, sul porto e ho visto tutto questo. Avrà aiutato quel quartino della casa,

così’ solo che è subito seguito l’altro quartino. Il piatto di mare e di terra, il pomodoro al forno col suo coperchietto e  impastato dentro losaddio che cosa, ma buono.. vicino stavano i polpetti e le acciughe

la rucola è selvatica, ha detto il capo della locanda sul mare –la Rosa dei venti, per i viaggiatori-

le melanzane in parmigiana come una fetta di torta, due mazzancolle un paio di fasolare,

insomma ho visto la luce davanti a me, vele e paranzine a mare, chi tirava la cima chi se ne andava,

due sulla banchina si sposavano, ahia quel vestito bianco di poliestere! Però poi è saltato fuori che era un pezzo di fiction.

Chissà perché  la fiction è sempre peggio della realtà. E sai cosa ti dico, ti dico menomale.

 

Abbiamo sceso l’Italia come in una vasca da bagno dove avessero aperto anche la doccia,

tutti insieme così quasi per mano dal centro fino a Caserta, la paura di tutti era un fumino

che si vedeva dai finestrini delle macchine appannati.

Potevamo fermarci tutti insieme, invece siamo andati avanti in formazione.

Sembravamo della Raf. Nessuno ha fatto lo spiritoso, la pioggia era la condizione

in cui eravamo imprigionati.

 

Il giorno dopo un sole lavato, e l’Italia evaporava tiepidamente. Fumavamo gli Apuani e gli Aurunci cercando di asciugarsi almeno le foglie.

Ma sul mare di Puglia non c’era una traccia di quello che avevamo attraversato a nuoto e a vapore.

 

Ho già fatto un bagno in mare stamattina, non in macchina, e preso sole, sole d'estate.

Anzi,

devo mettere un po’ di doposole in faccia, mi brucia già la pelle.

Ho già mangiato pane aglio olio e pomodori con un rosato del Salice Salentino.

Ora sono qui nella cucina di fuori , con la presa elettrica– questo fatto è da copiare- 

con un caffè una sigaretta

e l’amore mio il Gatto,

che si vede gli piace da morire la temperatura e l’assenza della banda dei cinque.

Gli voglio bene da tredici anni, lui è un animale così grande con molti difetti per un gatto, e in piu’ ha quelli che gli vengono dall’averlo tanto umanizzato nel tempo. Quando non c’è mi viene da telefonargli, e quando siamo insieme da soli molto spesso gli chiedo un parere,

è difficile che in qualche modo lui non me lo dia.

Quando ci sono altre presenze in casa, è un casino, in molti lo sanno.

 

Stiamo così bene, e così facilmente. L’acqua del mare è tiepida e c’è molta piu’ gente

che a giugno. Esco la sera con una maglietta, una delle due, perché ho portato lana

stavolta, e lo scaldasonno e comunque le pinne. Un curioso abbinamento, ha detto

il padrone della masseria aiutandomi a scaricare la macchina. Per tutte le stagioni possibili,

ho risposto io sentendomi un po’ scema in questa aria dolce di scirocco.

Non ho usato niente della strana coppia, ho sciaguattato in acqua celeste, c’era gente oggi domenica, ma all’una,

via tutti, bambini ombrelloni occhiali da sole stuoie. Si puo’ sempre contare sugli italiani.

Al tocco vanno a pranzare e ti lasciano sola, lì sulla spiaggia come un’acciuga in sale.

 



On the road

 

Non ci sono molti posti buoni come in macchina per perdersi nei pensieri. Se non guidi tu.

Kobi, dritto e con le due mani sul volante ormai da ore, ore dieci e dieci, mi chiede

senza guardarmi una caramella. Io senza commenti gli metto una Tac in mano.

Lui la trova la succhia e tace, io penso che: certo non si puo’ masticare una Tac, neanche se è arancio e se in fondo non è cattiva. Però una volta una caramella era un’altra cosa.

Si poteva dire, come la preferisci? Alla frutta, gelatinosa, ripiena di liquore o col cuore di cioccolato?

O anche, di che colore ti piacerebbe? C’erano cartine che la incartavano, di una bellezza

esagerata per un oggetto così piccolo. Erano, metti, rosa, alla fragola quelle, e il momento di avvolgersi  la carta diventava rossa, con piccoli ovali verdi, per descrivere il frutto di cui erano fatte.

E quelle croccanti, le Moretto? Bianche, con un disegno di negretto su, e la svolta sulla testa era

una corona di colori e striscie come un pareo africano. E com’erano buone? Cioccolato amaro intorno a un cuore di croccantino che restava tra i denti per un po’, gentilmente.

Le Ambrosoli, una retina di giallo e di rosso, col disegno dell’ape,

quelle piatte  quadrate, con gli angoli ripiegati come un lettino ben fatto, dentro zucchero e profumo di frutta, cedro rabarbaro limone.

Questa Tac colorata è una tomba, una lapide alla memoria. C’era una volta la caramella.

Adesso non piu’. TicTac. Molte cose sono così. Ho visto un po’ di Piccole Donne alla tv, la versione

di prima della guerra, credo, bianco e nero con Katherine Hepburn. Nuova per me, ero della generazione dopo ,il film  era già a colori, June Allison e Peter Lawford.  La storia racconta di 4 sorelle e una madre, povere e dignitose, fine 800. Erano senza mezzi e durante una guerra, ma che vestiti avevano! Gonne sottogonne colletti, maniche a sbuffo pettorine e nastri e guanti e cappelli.

Non costava proprio niente la stoffa? Adesso anche qui nella moda dei poveri e non, come per le caramelle. Abbiamo davanti un secolo senza décor.  

 

Per esempio ieri sera, arrivare a Caserta.

Caserta è una disgrazia a entrarci dal casello sud. C’è la Reggia, ma non ci puoi pernottare.

Penso, ma nessuno può? Neanche Elton John, o i Rollling Stones? Pagando s’intende. Madonna?

La regina d’Inghilterra? Quella sì, perdio, quella non le si può dire di no, è una casa come la sua solo piu’ a sud! Chissà.

Alla Reggia nei week end hanno uno spettacolo di notte, meraviglioso, si chiama Percorsi di Luce,

ti dànno una torcia e ti aggiri nel Giardino  Inglese ( appunto!) illuminato, poi davanti alle fontane

si fa musica e si canta la storia degli dèi, Diana e Atteone per esempio, e le luci sui volti di marmo e sull’acqua verde che scende nelle fantastiche vasche diventano veramente miti di un pensiero diverso.

Ma pioveva troppo, ci andremo alla fine di settembre, al ritorno del viaggio nel sud.

 

Il Novotel di Caserta è l’unico che al momento della prenotazione telefonica non fa un plissé

quando dico che ho un gatto e che porterei anche lui.

Nessun problema, mi dice un certo Francesco del desk reception.

Sono sollevata, fin qui due agriturismi che vantano il loro amore per la terra e tutte le creature del creato mi si sono rifiutati. Uno di questi mi ha risposto, “non è per il gatto, è per una

questione di principio”.  Mi viene voglia di dire i nomi, chi sono e dove stanno…lo farò solo su richiesta, qualcuno avesse un gatto anche lui e dovesse andare lì.

Entrare al Novotel e sentirsi a Parigi è un attimo. Uguale è quello del Charles de Gaulle dove

andavamo due volte l’anno, proprio adesso proprio adesso! a vedere la fiera di Maison et Objets,

a una sola fermata di Rer.

Non uguale il bar all’aperto però, qui è tutto diverso, l’aria è extracomunitaria, calda e africana.

La tequila invece uguale. Il pasto era diverso, ed era una tale schifezza che vinceva il suo

omonimo francese. Mi è dispiaciuto molto, una mozzarella cattiva, che quando mastichi ti chiedi, ma perché proprio a me, stasera?  a milano può non essere un caso,

a Caserta è imperdonabile e sbagliato. Ecchecazzo.


4:32:08 PM    comment []

© Copyright 2006 Marina Wiesendanger.
 


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