On the road
Non ci sono molti posti buoni come in macchina per perdersi nei pensieri. Se non guidi tu.
Kobi, dritto e con le due mani sul volante ormai da ore, ore dieci e dieci, mi chiede
senza guardarmi una caramella. Io senza commenti gli metto una Tac in mano.
Lui la trova la succhia e tace, io penso che: certo non si puo’ masticare una Tac, neanche se è arancio e se in fondo non è cattiva. Però una volta una caramella era un’altra cosa.
Si poteva dire, come la preferisci? Alla frutta, gelatinosa, ripiena di liquore o col cuore di cioccolato?
O anche, di che colore ti piacerebbe? C’erano cartine che la incartavano, di una bellezza
esagerata per un oggetto così piccolo. Erano, metti, rosa, alla fragola quelle, e il momento di avvolgersi la carta diventava rossa, con piccoli ovali verdi, per descrivere il frutto di cui erano fatte.
E quelle croccanti, le Moretto? Bianche, con un disegno di negretto su, e la svolta sulla testa era
una corona di colori e striscie come un pareo africano. E com’erano buone? Cioccolato amaro intorno a un cuore di croccantino che restava tra i denti per un po’, gentilmente.
Le Ambrosoli, una retina di giallo e di rosso, col disegno dell’ape,
quelle piatte quadrate, con gli angoli ripiegati come un lettino ben fatto, dentro zucchero e profumo di frutta, cedro rabarbaro limone.
Questa Tac colorata è una tomba, una lapide alla memoria. C’era una volta la caramella.
Adesso non piu’. TicTac. Molte cose sono così. Ho visto un po’ di Piccole Donne alla tv, la versione
di prima della guerra, credo, bianco e nero con Katherine Hepburn. Nuova per me, ero della generazione dopo ,il film era già a colori, June Allison e Peter Lawford. La storia racconta di 4 sorelle e una madre, povere e dignitose, fine 800. Erano senza mezzi e durante una guerra, ma che vestiti avevano! Gonne sottogonne colletti, maniche a sbuffo pettorine e nastri e guanti e cappelli.
Non costava proprio niente la stoffa? Adesso anche qui nella moda dei poveri e non, come per le caramelle. Abbiamo davanti un secolo senza décor.
Per esempio ieri sera, arrivare a Caserta.
Caserta è una disgrazia a entrarci dal casello sud. C’è la Reggia, ma non ci puoi pernottare.
Penso, ma nessuno può? Neanche Elton John, o i Rollling Stones? Pagando s’intende. Madonna?
La regina d’Inghilterra? Quella sì, perdio, quella non le si può dire di no, è una casa come la sua solo piu’ a sud! Chissà.
Alla Reggia nei week end hanno uno spettacolo di notte, meraviglioso, si chiama Percorsi di Luce,
ti dànno una torcia e ti aggiri nel Giardino Inglese ( appunto!) illuminato, poi davanti alle fontane
si fa musica e si canta la storia degli dèi, Diana e Atteone per esempio, e le luci sui volti di marmo e sull’acqua verde che scende nelle fantastiche vasche diventano veramente miti di un pensiero diverso.
Ma pioveva troppo, ci andremo alla fine di settembre, al ritorno del viaggio nel sud.
Il Novotel di Caserta è l’unico che al momento della prenotazione telefonica non fa un plissé
quando dico che ho un gatto e che porterei anche lui.
Nessun problema, mi dice un certo Francesco del desk reception.
Sono sollevata, fin qui due agriturismi che vantano il loro amore per la terra e tutte le creature del creato mi si sono rifiutati. Uno di questi mi ha risposto, “non è per il gatto, è per una
questione di principio”. Mi viene voglia di dire i nomi, chi sono e dove stanno…lo farò solo su richiesta, qualcuno avesse un gatto anche lui e dovesse andare lì.
Entrare al Novotel e sentirsi a Parigi è un attimo. Uguale è quello del Charles de Gaulle dove
andavamo due volte l’anno, proprio adesso proprio adesso! a vedere la fiera di Maison et Objets,
a una sola fermata di Rer.
Non uguale il bar all’aperto però, qui è tutto diverso, l’aria è extracomunitaria, calda e africana.
La tequila invece uguale. Il pasto era diverso, ed era una tale schifezza che vinceva il suo
omonimo francese. Mi è dispiaciuto molto, una mozzarella cattiva, che quando mastichi ti chiedi, ma perché proprio a me, stasera? a milano può non essere un caso,
a Caserta è imperdonabile e sbagliato. Ecchecazzo. |