Marina Wiesendanger's Radio Weblog



Marina Wiesendanger's Radio Weblog

venerdì 22 settembre 2006


 

 

 

Visto che la risonanza con contrasto me la posso appendere in cornice, tanto è bella,

e che i grandi prof, che sono stati premurosi e pure amorevoli in questa occasione

- e non è così scontato! Li apprezzo e li ringrazio con il cuore-  mi dicono che hanno finito

con me, non possono fare niente, non è altro che un colpo di freddo (“ a frigore” si dice,

e Kobi mi guarda mentre gli spiego che una notte, distratta, devo essermi data la porta del frigo

in faccia..) ( invece lui aveva capito benissimo, anche se in Svizzera il latino lo ha imparato tutto con la Kappa,

Julius Kesar etketera.)

Mi dicono, null’altro da fare quindi se non aspettare.

e l’occhio che piange?

Eeh..aspettare un po’

E il fatto che non riesco a dire pompelmo senza gonfiare la guancia?

E che rido solo a destra?

Eeh, un po’ di  pazienza,  vuole ancora un po’ di cortisone?

No grazie, rispondo, davvero sono piena così, era tutto delizioso.

 

Viste che le  cose sono impossibili per la medicina ufficiale, mi lancio con un salto metafisico  tremendo e voglio parlare con mia madre,

Che mi ha sempre detto la verità.

 

C’è un numero di telefono, a milano, che suona a vuoto quasi sempre.

Quando risponde, al di là del filo c’è una signora che parla con lo spirito che cerchi.

Tu fai le domande, lei  ti risponde .Lei è lui, in quel momento, cioè la persona che vuoi

e che purtroppo è morta, non abita piu’ qui (sì,  ma dove?)

 

Puoi chiamare anche una vita senza avere risposta, è una cosa che non si sa mai.

 

Drin e subito lei mi dice, “ sì?”

“ posso parlare con la Cocca?”

“ bambin – mi dice questa voce femminile sconosciuta – sono stata trascinata qui …per una manica!”

Mia madre ha un gran senso dell’umorismo. Sono contenta di sentire che è di buon umore.

“ Bisogna dire alla mia bambina che lei non è una campagnola. Ma una cittadina. Ha forzato

troppo il suo fisico nell’aria “buona” , quest’estate.”

Ecco, è proprio lei. La campagna non l’ha mai interessata. Da Montecarlo in su invece le piaceva

moltissimo. E’ morta dopo una leggera colazione al Cafè de Paris. Però prima mi ha telefonato,

mi ha detto che mi amava per sempre e di non preoccuparmi di niente. Poi ha chiamato

l’ambulanza e si è fatta portare in ospedale, dove le è venuto l’infarto.

Solo in vecchiaia, e per amore di noi si è comportata gentilmente nel verde sconosciuto e con un’aria di smarrita sorpresa per l’ambiente. E’ arrivata a incantarsi per le mie rose. Però se le dicevo, mamma guarda il sole,

mentre lei leggeva il giornale, mi rispondeva, “Dove?”

“ Ora è meglio che stia chiusa un po’ tra le sue quattro mura di città.Le farà bene riposarsi.

Passerà tutto, anche presto. Bell’orto però.”

“grazie –dico io col magone.

“ clic” fa l’altra parte del telefono.

 

( continua)

 


4:07:50 PM    comment []


 

 

 

Lascio volentieri andare Kobi in campagna, a chiudere meglio quella casina abbandonata

in fretta  causa paura. Ci sono i semi da raccogliere, girasoli datura, i gelsomini da travasare

la piscina da chiudere.Le noci e gli scoiattoli! I miei pomodori… Ma soprattutto non lo vedo

mentre mi guarda.

Tre giorni per dimenticarmi che lui è il mio specchio.

Penso all’amante di Picasso. Veramente un donna intelligente. Si chiamava Amélie,

poi quel giorno ha mutato il suo nome in Fernande. Mossa intelligente, è diventata due donne

anche per se stessa, così  poteva muoversi all’interno del destino, e della sua famosissima faccia.

E’ troppo tardi per copiarla ancora. Le mie sopracciglia si sono già riallineate. . e meno male..

 

Ho parlato di maghi, ma sbagliavo. Sono magi, senza acca medioevale. Non sono prestigiatori,

ma individui che lavorano con un’altra dimensione dello spirito. Stanno vicino al miracolo, lo cercano

e lo trovano in tutto ciò che ci circonda. Bravi.

I primi tre che conosciamo, seguivano una stella! E guarda come è andata!

 

Annifa su un giornale c’è stato un articolo sulla magia a milano, me lo ricordo. Fattucchiere,

letture di mani, bugie indotte come trappola per smascherare l’indovino..

 il giornalista si era lanciato in un reportage denso di ironia e miserie di soldi neri. Uno scoopino.

Erano proprio i tempi in cui prendersi gioco di tutto, era pure scritto male, scontatissimo.

Ma per conoscere i tarocchi bisogna sapere tutto dell’alfabeto ebraico, di quello antichissimo,

quello palloso senza vocali… lettere come numeri, che davano origine a  migliaia di interpretazioni,

un computer mentale in cui la mente si affaticava e la comunicazione si perdeva.

Il giornalista non era al corrente. Un po’ come Di Pietro, che non sa quello che dice perché dice su cose che non sa…eh,

dovrebbe rifare le medie il ginnasio il liceo e l’università, ma come dio comanda, in posti dove si studia sul serio!

Certo che  si è trovato in linea con il  piu’ glamorous New York Time.. , che sorpresa, eh? c’è davvero da pensare..

 

Ecco, deve essere questo il problema: l’uomo sa ancora pensare? Dov’è che si trova, nella vita quotidiana, un posto per la dialettica,

per i discorsi speculativi, un centro, un' agorà dove si discuta di tutto,

della vita della morte, cose nostre insomma, cose che sono per noi le uniche certe.

E solo per il gusto, e il bisogno! di farlo? Dico, un posto che non sia un bar dell’happy hour.

adoro gli aperitivi, una margarita un mojito anche il vecchio martini in compagnia.

ma non mi basta.

 

Meno male che questo intelligentissimo lungimirante e amorevolmente tedesco uomo

fa il Papa di mestiere! Sennò, chi lo avrebbe, non dico capito, ma almeno frainteso?

Visto che esistono i miracoli, o, se si vuole, le fatali combinazioni?

 

 

( continua) 


4:05:31 PM    comment []

lunedì 18 settembre 2006


 

Questo mago ha uno spazio che tiene, sedute, 250 persone alla volta.

All’entrata, due signorine ti danno una fiche con lettera dell’alfabeto. Di un colore, p.es giallo.

I colori sono dieci, le lettere 25.  Una voce annuncia, “ dalla M alla S, giallo”

I possessori vanno allora in fila in un corridoio che termina davanti alla sua porta con la loro fiche che lasciano a lui, entrando, insieme ai soldi.

L’offerta è libera, da 50 centesimi a dieci euro. Se gli dài di piu’, si incavola e te li rende.

 

La visita dura venti secondi a testa,

ti guarda, ti passa le mani vicino a dove ti fa male e via un altro.

Se è la schiena, ti gira.

A me stranamente non sulla faccia ma dietro al collo.

Quanta gente in 8 ore?

Vediamo..1 minuto e sono tre, sessanta minuti e fa 180.. otto per otto sessantaquattro, per uno

otto piu’ sei… 1440 mi sembra, ah no, c’è una mezz’ora di pausa, il mago mangia un panino.

Per 5 giorni la settimana. Scommetto che ci siete andati anche voi .

 

Nello studio, nessun computer, nessuna scheda con nome o recapito.

Un modo ultramoderno di gestire le spese d’impresa.

Cosa importa chi sei? Solo a te importa di esserci.

 

Mentre aspetti, rifletti che il tempo è quello che ti succede. Nient’altro veramente.

 

E se uno fa il furbo e, non potendo aspettare tre anni per una visita completa, viene con un amico e si  mette in fila?  Ah questo è fantastico!

L’ho visto succedere, lui riapre la porta dicendo brusco,

lei non la conosco, se ne vada.

Vedi che vede?  Caspita se vede!

A me ha detto, venerdì scorso, “Oh quanto tempo! Come va? Come va?”

“ e come va? “ gli ho risposto io

“ passerà passerà… Fumi meno e si faccia vedere piu’ spesso!”

 

Tre anni che non ci andavo. Ma domani ci torno.

 

 

( continua)

 


3:23:39 PM    comment []

domenica 17 settembre 2006


 

 

Quella sera Picasso aveva per le mani una gran bella donna, che ci stava.

Visto che non c’era fretta, la portò sulla spiaggia a vedere tutte le luci della costa azzurra

disegnate sul golfo di Antibes. Era stupenda quella notte di fine estate., ma anche molto umida.

Prendendole il viso tra le mani, prima di baciarla la guardò. E lì davanti a lui intravide il suo futuro di artista. La bocca della signora si era spostata a destra, in mezzo alla guancia. Un occhio era al suo posto l’altro no. Anche il naso era come avesse traslocato ad altro indirizzo. Le sopracciglia

una qua, in alto, una là ma dove? delineavano un punto di vista femminile veramente diverso.

 

Picasso la trascinò in studio e la ritrasse . Divenne famoso. La signora impazzì, insieme al nuovo mondo.

 

Non essendo più questi i tempi di una volta, non mi posso paragonare più di tanto. Certo, quella faccia là è venuta anche a me, ma non ad Antibes. In Umbria, una notte di pioggia che mi sembrava magica. Lo era, a suo modo, quel miracolo si ripetè.

Però Kobi non mi ha ritratto, anzi mi rifiuta ostinatamente anche una sola fotografia.

Non capisce che così il mondo non sarà mai al corrente delle mie trasformazioni. Un’occasione perduta.

Mia cognata, da Parigi, è furibonda con lui. Dice che non riesce a immaginarmi e vorrebbe tanto vedere com’è che si fa. Pazienza.

 

Naturalmente ho visitato il neurologico Besta, il padiglione otorino San  Paolo, il genio delle parotidi al Sacco. Ho dato fiumi di sangue

e ho prestato la mia testa alla risonanza magnetica.

Con contrasto, la vigliacca.

 

Ma, mentre aspetto che tutti i Prof leggano gli esami e si mettano d’accordo, ho avuto il tempo

per me e la mia nuova faccia di andare un po’ in giro a Milano.

 

Le accoppiate taxi - sciopero - pioggia - ospedali ( che stanno vicino alle Alpi ma quant’è grande Milano?? Pensavo di conoscerla e invece ho vissuto in una tazzina in centro per tutta la vita! )  mi hanno fatto pensare ad altre soluzioni.

Ho scoperto il tram, che fin qui avevo sentito solo sferragliarmi sotto le finestre a notte fonda,

un rumore solitario e delizioso, da cartoni animati, ttutrumchpsff..chpffbumtrang.Deleng deleng,

swuifffff.tr.

Se messo in relazione con l’autobus poi, sembra che insieme siano fatti per andare dove volevi tu.

C’è anche la metro, certo, ma è troppo veloce, pochi minuti non vedi niente e sei arrivata.

Devi avere maledettamente fretta.

 

Io non ho fretta, anzi. E’ tutto nuovo per me. Se vedo un caffè al sole sui navigli, mi consulto con kobi, scendiamo e ci diamo all’avventura, oh toh fanno l’indian  brunch, 2 uova benedicts! ma come no, e quando mai, poi ripiglio l’autobus.

Ho scoperto anche un fish point in piazza 24 maggio, un cartoccio di pesce fritto e sale, come a Londra, lei si chiama Gloria e mi chiede, come va? Oggi sei meno storta, si vede benissimo.Mi fa lavare le mani e via sul 29. 

E poi c’è sempre posto per me.  Si spaventano e mi fanno sedere tutti. E’ carino.

Fa bene un gesto d’affetto al settimo nervo cranico, si distende subito un po’, anche se non lo dà a vedere.

E così  io, attrezzata di piantina, come in una città sconosciuta, chessò, Città del Messico, vado a caccia di maghi.

 

A Milano ci sono tre maghi principali. Uno vede, l’altra sente, la terza parla con le entità, poi

ti dice. Fuori Milano c’è il mitico Rossi, che ti fa così male

che il male stesso si spaventa e se ne va. Non ho il coraggio di cominciare da lui, e comincio da qui.

 

Quello che vede è un fenomeno. Bisogna in primis fare una visita, che dura mezz’ora e costa una modica cifra, mi pare meno di 30 euro. Io l’avevo già fatta in lire. E meno male, perché i prossimi appuntamenti sono per il 2009.

 

(continua)

 


5:13:08 PM    comment []

giovedì 14 settembre 2006


 

Settembre, cinema, che bello. Di corsa a vedere il nuovo film di Kim Ki- Duk, Time.

Dopo  il meraviglioso perfetto mondo di Primavera Estate Autunno Inverno e ancora Primavera,

un capolavoro di immagini e significati fatti scorrere in molto silenzio, credo che tanti come me

ci tenessero a vedere subito l’ultimo lavoro del regista.

E infatti era pieno, alle 15, 30.

 

Mentre scorrevano le prime immagini di un mondo moderno orientale – non so dire dove, Corea?

Cina? – fatto di gente giovane, ragazze e ragazzi, mi veniva chissà perchè in mente quella pubblicità di una automobile, dove si vedono giovani mamme aggressive che praticano una forma di furibonda arte marziale. Uno spot che mi piace, mi vien voglia di copiarle,  e in cui non si può non notare che a)  le donne hanno tutte i capelli lunghi, tre colori stavolta, oltre che biondo anche nero e rosso rame. Una sola li ha corti, è grassa e vestita male. Non può essere una svista del regista.

b) la marca dell’auto, quella va persa  nella memoria a meno di averla già o di volerla comprare. Che snob questi pubblicitari.

Mi è venuto in mente perché le ragazze cinesi le trovavo tanto simili tra loro . E non potevo pensare piu’ preciso di così, perché è venuto fuori che era quello il tema del film!

Si assomigliano talmente in faccia e nei capelli che diventano gelose di qualsiasi altra ragazza , solo perché l’altra, sulla base della similitudine, potrebbe presentare una differenza che, pur piccola, potrebbe distrarre e  incuriosire il giovane amato.  

La soluzione in modern time: chirurgia plastica, facile come entrare in un negozio, io lo farei domani ma sono pigra, infatti dovrei scrivermelo in rosso.

Beh, invece non funziona. Perché tutte quelle ragazze con lo stesso corpo grazioso, asciutto, le stesse canottiere , stessi occhi e bocche e capelli, soprattutto capelli che sono la corona e la cornice in cui sono costrette, schiavitu’ di questi tempi, sono passate dal negozio che vende lineamenti nuovi. Entrano, quasi uguali tra loro solo leggermente diverse, escono quasi diverse ma con un che di troppo uguale.

La soluzione finale è “rendersi irriconoscibili”

Un film triste, così moderno, con appartamenti piccoli e ordinati che si possono svuotare in un’ora.

Un parco sul mare con sculture, icone d’amore che mostrano corpi  di marmo e di ferro che si conoscono, mani, sentimenti di vicinanza. Cose che nel film non si cercano, perché mai si dà peso alla relazione e la conoscenza tra due corpi, o tra due caratteri o almeno due cuori. Si tratta solo di faccia e capelli indistinti.  Una vita veloce tra brevi relazioni e scopate improrogabili, la parola amore usata per una sera. Lagrime per cose che neppure sono successe.

Il film Primavera eccetera parlava di tradizione. Questo parla della sua assenza e galleggia nel vuoto

di una coscienza da grande magazzino, un po’ ignorante troppo giovane molto piu’ disperata di quanto non si accorga d’essere.

 

Per la scena finale  la macchina da presa si allarga su decine, e poi centinaia  o migliaia di volti di ragazze piu’ o meno uguali.

Uno sballo.

 

Gentile il regista che se l’è presa con la sua gente.

Nessuna bionda magra con le mechès, stessi seni jeans scesi e nasino e bocca piena.

 

 

 


4:04:05 PM    comment []



© Copyright 2007 Marina Wiesendanger. Click here to send an email to the editor of this weblog.
Last update: 09/02/2007; 19.45.03.