Marina Wiesendanger's Radio Weblog



Marina Wiesendanger's Radio Weblog

domenica 26 febbraio 2006


 

L’Accademia degli Avvaloranti

 

Io non so chi siano, e non ho trovato uno che me lo sapesse dire.

Stupidamente non ho chiesto, ed ero lì, ma ero così presa dal posto

che mi sono dimenticata di domandare.

 

E’ un teatro, oggi, esagerato nella sua piccolezza, l’Accademia, a  Città della Pieve,

questa piccola città che paese non è affatto, arroccata su un colle con le poche strade in salita

e vicoli  strettissimi, improvvisi tagliati a curva nella collina,

ad avvistare e creare vento, certi spifferi che ti tagliano in due, così potrebbe chiamarsi una bronchite acuta,

ho preso la Pieve. Eeh. Curati bene.

 

Perché in curva i vicoli? Per evitare le frecce perugine. Nell’assedio, ti tirano e si spuntano le armi

sui muri. Furbi.

E’ un borgo che parla toscano, anche se sta in Umbria, si sente una piccola Siena.

E lo è, ne ha le palle, l’ironia e i mattoni rossi e la borghesia intellettuale.

Difatti stasera apre la stagione teatrale di primavera con attori e commedie direttamente dall’Eliseo di Roma,

perché c’è un sindaco audace, che al suo fianco si è procurato una assessora alla cultura.

 

Titolo, L’amant anglais, di Marguerite Duras.

Prima attrice, Giuliana Lojodice.

 

Conosco il pezzo, mi diverte la Duras che invece di stravolgerti con parole interne, piane,

quelle che usa per il lettore, a teatro si urla e mima la vita attraverso il paradosso.

Per meglio considerare la condizione umana, sotto una lente di ingrandimento

che la rende più tragica. Violenta com’è, la vita, se le togli l’amore ti rimane la pazzia..

 

Qual è la storia.

 

La solita  storia. Ma per la scena la cosa esplode nelle sue implicazioni.

Una coppia ventanni dopo, due che non si ricordano più il loro perché di stare insieme.

Come ce ne sono tanti. 

Ma può essere peggio di così, un ruolo prende più parte dell’altro, che si ribella a suo modo,

qual è la vittima quale il carnefice.

E poiché ogni passione è spenta, tranne quella del rancore e della solitudine bruciante, ci si fa male,

ognuno a suo modo, poco o tanto.

 

Di solito queste solite storie si consumano nel silenzio e nell’ignoranza, non se ne sa niente,

di solito quelli che la vivono perdono di vista i loro perché.

 

Ma qui la coppia  ha un partner, un Interrogatore.

Uno che fa domande: a lui solo, il marito, nel primo atto, due sedie e un colloquio,

sembra un posto di polizia ma l’Uomo delle Domande è più, e meno, di questo.

Chiede cose mirate, a volte umane, suggerisce, scava,  sollecita.

Fa quello che un uomo che ha perso la propria vita come acqua di un rubinetto chiuso male

non sa farsi da solo: chiedersi i perché, farsi prendere dai dubbi,

mettere in fila le ragioni del cuore, sperare nelle emozioni della testa.

 

Lei sarà interrogata dopo, nel secondo atto, e la si sente che non vedeva l’ora di parlare,

anche se sembra brusca e restia.

 

Questa è la storia:

lui si è preso di lei trentenne, debole e sfinita da un amore giovanile che credeva grande, delusa.

La sposa e la punisce col silenzio, zitto e assente lasciandola in una casa vuota.

 

Lui è un funzionario grigio e indurito. Un uomo che sembra retto ma che è colpevole.

 

Lei non lo vede, pensa all’altro

che si fa vivo nei silenzi del marito.

E  si abbandona in giardino, lascia il quotidiano non lava più un piatto non si cura di nulla

se non di stare su una panchina di cemento, di avere pensieri lancinanti, di quelli che “bucano il cielo”

silenziosi, senza speranza di risposta.

Unico contatto esterno i giornali femminili a cui scrive, ripetendo sempre la stessa domanda,

come si conserva la menta inglese?

 

Lui, le rimprovera la sua ignoranza, scrive un francese storpiato, scrive “ l a mant anglais”! 

 

Lei sorride e tace, l’amant anglais è il suo tradimento e non viene mai scoperto.

 

Lui le mette in casa una parente per la cura della casa, e per sorvegliare lei.

La donna è sordomuta.

 

Lui si rivela il carnefice che è, non solo le ha tolto tutto,

ma definisce la vita di lei mettendole davanti il nulla della presenza di questa donna.

Ha esagerato.

 

E lei, una notte, la fa a pezzi. Che sparge su treni che vanno in destinazioni diverse,

unico punto di riferimento, tutti quei  treni hanno in comune quella sola fermata .

E’ qui che cercano l’assassino, in questo morto silenzioso e provinciale paese.

E di chi è il corpo? Non si sa, non ha la testa.

 

E come trovano l’assassina? E’ lei che lo dice, al bar del paese, dove stanno facendo

stupide illazioni su un cadavere sconosciuto. “ L’hanno uccisa nel bosco..” 

“ L’ho uccisa in cantina, dice lei forte, alle due di mattina di lunedì.“ 

Per una volta che parla con gli altri!

E ottiene attenzione.

 

Dov’è la testa? Le chiede l’interrogante.

Le ho fatto un vero funerale, dirà lei, perché se è vero com’è vero Dio che Dio non esiste,

cosa  rimane allora a noi se non onorare la testa?

La nostra testa, quella che sbaglia anche la vita, che crea sogni e fantasmi, che si stanca,

si stanca e impazzisce.

 

Mentre parla e parla, finalmente parla, ma neppure qui la si sentirà,  si alza forte l

a canzone di Edith Piaf,

c’est fou ce que je peux l’aimer, come sempre meravigliosa e potente.

 

Fine.

 

I pievaioli, ci sono tutti, il teatro semitondo con 33 piccoli palchi ridipinti e perfetti, bomboniere,

è pieno, sono soddisfatti e hanno ragione. Uno di Chiusi, di fianco a me, sbadiglia e dice al suo amico,

non so non ci ho capito, la storia non mi prende. E’ uno e posso guardarlo davvero male.

 

Quando ho prenotato, un mese fa al telefono, ho chiesto platea, due e davanti e centrali.

Mi ha detto in puro toscano la signorina, mi dispiace, ultima fila. Ommadonna, faccio io, pesantemente milanese.

Non si dispiaccia signora, la nostra ultima fila è la sesta, posti 5 e 6.  

 

 


6:58:29 PM    comment []

domenica 5 febbraio 2006


A picture named NOIxblog.jpg

Così come hai detto che d'ora in avanti vuoi vederci e pensarci

E infatti siamo noi, siamo proprio così, è solo che Kobi si è tagliato i capelli.


5:11:14 PM    comment []

sabato 4 febbraio 2006


A picture named GIOIA-CASA-blog.jpgho finito di preparare la tavola per voi, amiche mie del cuore,come meglio potevo senza avere rose da offrirvi però  almeno con i piatti che mio marito ha disegnato annifa 
Vi ringrazio di tutte le coccole i fiori i cioccolatini i libri ancora coccole che mi date sempre, che fa di ogni ritorno a milano un viaggio d'amore. Grazie. Partiamo ma prima questa cena, unico ospite maschio Kobi che tutte mi invidiate, sì, grazie anche di questo illuminato e profondo sentimento cresciuto negli anni. Saremo reinas con un solo re stanotte, tutte truccate e belle come nel film spagnolo, ragazze un pò bevute ( cocktail champagne per cominciare, champagne da solo per andare, ahimè, avanti) e chiacchierone.

Sono già contenta di  aspettare , te Elena con il tuo ultimo libro, Titti cara, con il secondo arrosto di codino, Luisella con le tue novità .

A stasera. Adesso vado a farvi un enorme pan brioche, che la fortuna e il lievito mi diano una mano.

 


2:44:08 PM    comment []

venerdì 3 febbraio 2006


 

Nella locanda di Hawkins cominciano ad arrivare piu’ personaggi, ognuno con una storia da raccontare, storie non meno misteriose della sua,

l’eroe del romanzo di Stevenson,

l’Isola del tesoro

tornato ancora giovane dalle sue avventure per mare, e, direbbe lui, in possesso di una considerevole fortuna.

Ci vuole una ragazza per fare le camere, oltre la governante che ha il  suo bel da fare in cucina.

 

Arriva la ragazza:

“Era una ragazza dai capelli castani, le guance rosse e lo sguardo ridente, e questa è Sally, signor Hawkins, mi disse la signora Collins nel presentarmela, Sally Bridges. Sally arrossì ancora di piu’

mentre mi faceva una riverenza insicura e mi diceva come va”

 

 

Conversazione con l’inquilino piu’ vecchio, il pirata:

“E questa sua locanda è un posto curioso, signor Hawkins, mi disee Geoffrey mentre apriva la sua scatola di rapé, perché qui non si fa altro che stare, solo questo. Lo so lo so, lei non capisce quel che dico, ma non è facile da spiegare. Nella gran parte degli angoli del mondo si ha l’occasione di vedere gente occupata in ogni genere di attività fugaci che, a ben vedere, sogliono condurre a poca cosa a parte la stessa distrazione dell’individuo, ma qui è diverso. Qui l’attività principale è quella di stare semplicemente, quasi che la contemplazione di ciò che ci circonda fosse un’attività in se stessa, e piu’ intensa di altre, Come se il paesaggio che scorgiamo intorno a noi avesse bisogno di noi per considerarsi completo e noi di lui “

 

 

Il pirata muore cercando di salvargli i suoi preziosi libri da un incendio

“…solo in mezzo a una folla di nomi di pietra.

Me ne restai lì, davanti alla tomba del mio amico, cercando di raccogliere le forze per tornare a casa, e mi guardai attorno, e il verde dell’erba mi parve un travestimento, la faccia visibile che ci mostra la terra in un tentativo insieme perverso e protettore di non lasciarci comprendere che lei è tappeto da un lato e coperta dall’altro, appena una sottile frontiera fra quelli che la calpestano e quelli che ne sono coperti, fra l’esercito del movimento e quello della quiete, due moltitudini separate dal reciproco oblio. “

 

“Le ultime volontà del cavalier Hawkins

Jesus del Ponte, uno scrittore che mi ha tenuto sveglia in queste notti,

edizioni, infatti, Nottetempo. Il cui primo libro, esaurito, ho provveduto ad ordinare,

e come farne a meno dopo questo che ho amato, e dato il titolo, Los diarios clandestinos de Blancanieves.

Chissà se scrive anche qui come Stevenson. Non credo.


1:54:52 PM    comment []

mercoledì 1 febbraio 2006


 

Il film di Woody Allen è smagliante dall’inizio – da subito- c’è una palla da tennis che va slow motion tra i due campi, è la protagonista del concetto, la fortuna che va avanti e indietro e, sì succede, nella vita succede sempre,  tocca la rete. Si ferma sospesa in aria, come la terra che non poggia su niente,

e una voce ti spiega quello che già mia madre mi spiegò tempo, molto tempo, fa: “ Nella vita ci vuole fortuna, almeno un po’, e se non c’è hai bello che perso” 

La palla del net lo dimostra lì assurdamente ferma sulla rete, se cade oltre hai vinto, se ti ricade in campo hai perso.

Fine della voce, la palla ricade indietro, comincia il film. La fotografia è bellissima.

 

Il personaggio entra subito, è giovane carino educato. Le sue prime parole rivelano, per chi vuole intendere, che non è generoso né morale.

Gioca a tennis e da campione ma ha lasciato il progetto, troppo faticoso, e fa l’istruttore, un modo piu’ furbo e meno coinvolgente  per stare tra gente ricca

in ottimi anzi i migliori ambienti londinesi.

Questa Londra di W.A. è bella così che ti fa venire voglia di partire. Non c’è una strada che non ti chiami. La high society dove il nostro manda a segno tutte le sue palle sposando un’ereditiera e

diventando un manager ricco e rampante è davvero high, dalle case ai passatempi, concerti gallerie caccia e ozio, e a proposito di musica il film si appoggia sulle opere italiane, spiegate nell’aria a sostenerti dall’inizio alla fine, bisognerebbe sempre ricordarsi di dare un oscar a w.a. per la musica.

Si comincia con la Traviata, si finisce con una Furtiva Lacrima, la sua del protagonista, ossessivamente ripetuta quattro volte che gli varrà per tutta la vita.

Prosegue l’azione secondo il carattere del personaggio, che senza rispetto nè lealtà si lascia andare

in un viaggio di passione lascivia e morte.Sempre senza rispetto, appunto, per il progetto degli altri, tutti, dal primo all’ultimo personaggio,

e tutti ne hanno uno nel cuore, che lui calpesterà fino alla morte, come fosse il suo, scartato e morto dall’inizio.

E poi c’è l’ angoscia di essere catturato dagli uomini per le sue cattive azioni.

La palla iniziale diventa la vera nuziale di una delle sue vittime, gioiello di amore e fedeltà scagliato nel fiume per seppellire in acqua la prova, il net simbolico, che non oltrepassa la spalliera del ponte ma ricade sulla riva, il segno della sfortuna, palla in campo. E, benché non riescano a provare i suoi delitti, lui ha perso.

E soprattutto lo sa, lo saprà per sempre mentre la bella vita continua ad avvolgerlo, in apparenza come nulla fosse successo,

tranne che i suoi morti sono piu' pesanti emozionanti che i presenti vivi.

Questa è la storia di Match point. Un film fatto come meglio non si poteva fare, fantastico nel ritmo

e nelle scene.

E buonanotte.


8:59:49 PM    comment []



© Copyright 2006 Marina Wiesendanger. Click here to send an email to the editor of this weblog.
Last update: 18/04/2006; 23.30.13.