Marina Wiesendanger's Radio Weblog



N° 23

Il dentifricio allo Champagne

 

Vorrei scrivere questa storiella a Stefano Lolli. Spero che mi venga perdonato la presunzione, che un analfabeta scriva ad uno giornalista, ma Stefano è stato l’unica persona, che ha veramente capito la infantile leggerezza e la seria onestà, che mettiamo nel nostro lavoro. Anche i fatti technici e pratici della nostra avventura, non togliano niente al lato umano dell’idea.

 

Le persone si dividono in due categorie. Quelli che si lavano i denti prima della prima colazione, e quelli che se gli lavano dopo. Noi facciamo parte della seconda. Mezzo sveglio, magari ancora con un bel sogno nella testa, un caffè e un cornetto tiepido. Poì una bella sigaretta. Dopo, solo dopo quell’intenso gustaccio di menta del dentifricio, che ti fa subito fumare una seconda sigaretta, e sei fregato. Chi l’ha detto, che il dentifricio deve sapere di menta? Va bene la freschezza, ma perché in tutto il mondo i dentifrici sono fatti col mentolo, e nessuno dice niente. E’ impossibile che piaccia a tutti.

Da li, a pensare al gusto del caffè ci vuole niente. Marina dice, caffè alla mattina e Champagne alla sera. Perché Marina è una signora, più veloce e più intelligente di noi uomini. Ca va sans dire, che la versione Champagne si è venduto di più. In una proporzione uno a venti. Pensarlo era la parte facile.

La cosa più difficile e vendere una idea, che magari hai avuto in quindici secondi. Dare un valore in soldi è impossibile. Lasciamo stare.

Da qualche parte bisogna cominciare. Un consiglio, una esperienza. Marco Pasetti, un amico d’infanzia di Marina, nipote del comm. Ciccarelli di Cupra, la pasta del capitano. Marco avrebbe voluto fare il poeta, l’artista, ma gli è capitato a dosso questa azienda. Chiediamo. Non ci viene neanche in mente di chiedere, se voleva fare lui il dentifricio. Ci da un bravo terzista. Dott. Guardone, in un grande Capannone ad Abbiategrasso. Sa fare tutto dai profumi di marca, ai detersivi per pavimenti. Lui ha la pasta di base, che è uguale per tutti dentifrici. Il caffè è più semplice: Un colore beige chiaro, chiaro. Non possiamo fare color espresso, pensa, una pasta di dentifricio nero. Il gusto caffè, non c’è problema. Quanto zucchero? Qui un po’ di prove abbiamo fatte, perché già da piccoli ci hanno detto, che lo zucchero fa male ai denti. Poì è questione di gusti, ci siamo arrivati. Lo Champagne era molto più difficile. Colore bianco, ok. Un po’ di bicarbonato dava l’dea del frizzante, ma il gusto? Veniva sempre quell’odore sgradevole dei bicchieri di vino lasciati sul tavolo della sera prima. Alla fine abbiamo aggiunto un leggero sapore di moscato. E per poter scrivere il nome Champagne sulla confezione (in piccolo c’è scritto” contiene 1 % di Champagne doc”.), abbiamo messo un percento di Champagne, credo. Una bottiglia fa 750 kg di pasta di dentifricio. Per cui il Champagne non poteva rovinarci il gusto della pasta. E comunque non mi ricordo chi ha bevuto lo Champagne. La fattura era allegata ai documenti di produzione.

Stavamo a questo punto, con due barattoli di prova in mano. Per andare in produzione dovevamo fare quarantamila tubetti per tipo, stampare ottantamila tubetti, comperare ottantamila tappi, fare ottantamila astucci. E già che c’eravamo 5600 kg di pasta di dentifricio.

Ha piaciuto a un certo pubblico. Però erano tanti per le nostre capacità di distirbuzione.

A quei tempi, non c’era ancora l’obbligo di scrivere una scadenza. Ci ha durato per un bel po’, ma quando i tubetti di alluminio hanno cominciato a gonfiarsi, e la pasta ha cambiato colore. Insomma l’ultimo metro cubo di dentifrici sono finiti al macero.

Ma ancora, l’idea di lavarsi i denti con un dentifricio allo Champagne, per me è come sedersi in una amaca.

E’ stato bello.

 

P.S:

Come diceva la Cocca, mia suocera.

“E’ adesso, Champagne per tutti!!”



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Last update: 30/03/2004; 17.12.43.