Marina Wiesendanger's Radio Weblog



N° 11

Un fil di fumo.

 

La casa in campagna, un po’ anonima come descrizione. Allora la chiamiamo affettuosamente la casina, un po’ snob, perché ina proprio non è. Abbiamo costruito un garage coi fiocchi, con dei oblò, in muratura a vista, con la pietra giusta misto a mattoni vecchi ed a “scarpa”. Una scalinata in cotto, un terrazzino con vite e tende ricamate, due poltrone di terra cotta e dei tappeti marocchini. Così la casina sembra la portineria del garage. Menco, il nostro giardiniere la chiama la villa. Questo non è di sicuro. Neanche un podere, tanto meno una villetta, come lo chiama il geometra. Per cui rimane una casa, o come lo chiamano in comune: un fabbricato rurale.

Non esiste fabbricato rurale, che non abbia almeno tre camini, dei quali almeno uno tira. Ed è proprio in quello, dove gli aponi costruiscono il loro nido. Un nostro amico, architetto d’interni e landscaper (da esterni), mi ha dato delle fotocopie di un libro prezioso, dove ci sono scritti tutti i segreti di come costruire un camino che funziona. Un teorema algebrico. Il diametro della canna fumaria diviso per la lunghezza, moltiplicato per la superficie dell’apertura del camino diviso per la radice quadrata dell’età del muratore, se non c’è scirocco, e solo usando legno di quercia che è stata tagliata nella seconda settimana di febbraio quando la luna sta in capricorno. Allora non dovrebbe fare fumo, almeno che la canna fumaria non sia posizionata proprio a nordovest, in una zona dove la tramontana etc. etc. … Oppure c’è Benito, il mago del camino, che ha costruito tutte le cheminées della costa azzurra, che “io guardo, oltre il tiraggio, anche la stetica.” E “Guardi, se non tira le faccio pagare solo il materiale”. Non tirava, e la fattura del materiale è arrivata, anche sostanziosa, perché m’ha allungato il comignolo (sembrava una fabbrichetta, abbiamo dovuto far crescere il gelsomino fino a li), e dentro m’ha costruito dei muretti e panche che adesso ci servono come libreria.

Un nostro caro amico di qua, Giorgio, professore di cervelli e cetacei, in pensione, vuole presentarci David McTaggert, il famoso fondatore di Green Peace, quello che andava in giro col gommone a Muraroa. Oramai è presidente onorario, cioè in pensione anche lui, e invece di fare Green Peace faceva Green Oil. Andiamo su, con la Jeep, a casa di McTaggert. Questo si che è un podere. Permesso, avanti. Entriamo in una stanzona, Vedo un tappeto, un divano bianco o circa, due poltrone bianche e un paio di jeans che mi vengono incontro. Dalla cintura in su un denso fumo, bianco anche lui, che ci impedisce di scoprire la parte superiore della stanza. Hi, I’m David. Ci presentiamo. Le nostre mani si trovano nella nebbia. Have a seat. Ci sediamo, adesso ci vediamo quasi fino alle spalle. Mi chiede di fare una etichetta per il suo Green Oil. Come no, la faccio, verde. In altre occasioni ci siamo visti anche la faccia. Era sicuramente un grande personaggio, ma in dieci anni che è vissuto qui, non ha imparato una parola di italiano. Era costretto di vivere di Whisky, hamburger e Coca Cola. Coca Cola poca. Questo per dirvi, che anche personaggi a livello suo, devono sottostare alle leggi atmosferiche e magiche della natura, e convivere col fumo.

 

 



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Last update: 30/03/2004; 17.12.18.